Idee per la città



Quando si dipinge un quadro o si scrive un romanzo, prima di entrare nei particolari occorre tracciare delle linee, determinare i confini dentro i quali i colori e le parole trasformeranno le idee in immagini o sentimenti.
 
Con lo stesso principio, quando si vuole amministrare una città, non possiamo pretendere di trasformarla o semplicemente modificarla se non abbiamo una idea complessiva, e non solo dal punto di vista urbanistico, ma anche sociale, culturale, ambientale.
 
Quindi innanzitutto abbiamo bisogno di un progetto realizzabile e condiviso dai cittadini. Un progetto di lungo respiro, da realizzare un pò alla volta e per questo è importante conoscere il risultato finale che si vuole raggiungere. La pratica sprecona del "pianificar facendo" deve essere abolita non solo nel modo di fare ma soprattutto nel modo di pensare.
 
Basta guardarla Falconara per capire che chi l'ha amministrata finora invece si è soffermato in piccoli dettagli ogni volta, senza una continuità con quanto fatto prima e senza pensare ad un collegamento per quel che si poteva fare dopo, determinando il caos. Ecco allora casermoni a fianco di belle case storiche, ecco strade che si intrecciano e che si trasformano in labirinti, ecco che aree verdi si riducono fino a scomparire. Ecco che anche le piazze, vero punto di socialità, perdono il loro significato.
 
CAMBIARE LA CITTA'!! 

Occorre cambiare! Cambiare radicalmente la strategia e la cultura di governo della città. Occorre rimettere in discussione l'attuale politica economica e sociale. Lo dobbiamo fare non per motivi ideologici (anche se io penso che la mancanza di una sana ideologia nel fare le cose ci abbia portato in questo vicolo cieco), ma perchè la realtà ce lo impone.
Ripensare la città, individuare le nuove priorità, trasformare una necessità in una occasione di cambiamento per una vera alternativa, mettendo in circolo idee e progetti che abbiano un respiro medio lungo. Dobbiamo riprogettare la città in virtù delle nuove esigenze e con l'impegno di lasciarla meglio di come l'abbiamo trovata.

Falconara è una piccola città, 28,000 abitanti circa, meno di un quartiere di una grande città, ma con le problematiche di una metropoli, senza avere però le risorse economiche e nemmeno le attenzioni a cui di solito le metropoli sono sottoposte. Falconara è una città di servizio per l'intera Regione Marche. Falconara è sede di un aeroporto, di una raffineria, è un importante snodo ferroviario e stradale, Falconara è sottoposta ad uno sfruttamento a vantaggio dell'intera economia regionale e non riceve in cambio nulla, nè in ordine di finanziamenti nè sotto forma di servizi. 

Cambiare la città significa tutelare i suoi cittadini. In una fase storica di grave crisi economica e di crescente disoccupazione, la primaria attività di chi amministra deve essere rivolta al lavoro e a formule di sostegno a persone in difficoltà con particolare attenzione alle categorie svantaggiate e alle giovani generazioni, ad esempio valorizzando il patrimonio pubblico con progetti di imprendidtoria giovanile, di categorie protette, di disoccupati e di cooperazione, Riuso degli spazi pubblici per offrire valori d'uso all'economia locale favorendo quindi la gestione del patrimonio in maniera virtuosa senza utilizzare nuovo territorio.

Cambiare la città significa pianificarla! Partendo dall'esistente, Escludendo ogni possibilità di nuove edificazioni, e puntando alla riqualificazione urbana grazie alle ristrutturazioni. La maggior parte delle abitazioni di Falconara ha un grado di efficienza energetica pessimo e questo provoca notevoli sprechi energetici, ma non solo, le stesse abitazioni perdono di valore. Un progetto che permetta di ristrutturare gli edifici pubblici e anche quelli privati avrebbe vari aspetti positivi: primi tra tutti, la riduzione dell'inquinamento, la valorizzazione degli edifici, e la ripresa del settore edilizio che soffre pesantemente la crisi.
 
Cambiare la città significa valorizzare il mare e la spiaggia. Dovremmo riflettere sul dono che la natura ci ha dato. Un tesoro da custodire e preservare gelosamente. Le città a noi vicine sfruttano questa fortuna e ne fanno una delle componenti principali del bilancio economico. Polo di attrazione per tutta la città che ne ricava benefici.
La spiaggia è un bene comune ed è quindi sbagliato considerarla solo come fonte di reddito. Occorre avere cura del bene comune, la nostra spiaggia deve mantenere la caratteristica di un luogo aperto, accessibile a tutti, godibile anche da chi non può permettersi il servizio degli stabilimenti balneari. E' necessario individuare porzioni importanti di spiaggia libera e con servizi.
 
Cambiare la città significa anche sfruttare le sue potenzialità. Aprire gli spazi pubblici ad esempio la biblioteca e l'auditorium di musica. Riconsegnare ai cittadini la fruibilità delle piazze e dei parchi con attività e con arredi trasformandole da aree di degrado o pericolo a piacevoli luoghi di incontro e svago. Cambiare significa aprire spazi culturali, innalzare la proposta culturale, individuare le risorse nelle scuole, nelle associazioni, offrendo spazi e promuovendo eventi che possano dare alla città una identità.
 
Cambiare la città vuol dire reimpostare il piano commerciale, spostando l'attenzione ad un commercio di prossimità, che possa rivitalizzare il centro urbano. La realizzazione del Centro Commerciale Naturale Urbano rappresenta una risposta politica alla grande distribuzione, non tanto e non solo dal punto di vista della competitività mercantile, ma essenzialmente per la vocazione specifica volta a salvaguardare e valorizzare gli spazi urbanistici di socializzazione, di vivibilità, di equilibrio socio-ambientale. Si tratta di vivacizzare le potenzialità commerciali e culturali dell’area del centro urbano, attraverso un’ampia offerta merceologica specializzata e rivolta a definiti target di consumo, con particolare attenzione allo sviluppo di un commercio a filiera corta per i prodotti alimentari, facilitando il rapporto diretto produttore consumatore rilanciando il ruolo del mercato coperto, agevolando la presenza dei piccoli produttori agricoli del territorio.
 
Cambiare la città significa non rinunciare ai progetti sulla mobilità che daranno nuove prospettive e aperture. Penso alla metropolitana di superficie come opera da sostituire al By-pass ferroviario. Penso alla rinconquista della sovranità del territorio rigettando l'accordo con la società Quadrilatero, un progetto opaco e di nessuna utilità per la comunità. Un progetto che ha ampiamente dimostrato tutte le sue carenze, un fallimento sotto tutti i punti di vista. Un progetto che considerata la mutata situazione economica della nostra regione è diventato anacronistico. Penso alla realizzazione di un borgo marinaro a misura di quartiere, con servizi ma senza stravolgere le abitudini dei cittadini, ma che al contrario diventi luogo qualificante e di frequentazione. Penso a nuove pedonalizzazioni e a piste ciclabili.
 
Cambiare le città significa mettere a sistema le grandi esperienze delle associazioni di volontariato, significa valorizzare le attività cooperative locali, farle radicare nel tessuto sociale ed economico cittadino per migliorarne il grado di utilità per l'intera comunità.
 
Cambiare la città significa inventarsi un sistema che permetta ai cittadini di esprimersi, di suggerire, di partecipare attivamente e concretamente al miglioramento della qualità della vita. C'è bisogno che i cittadini sentano l'esigenza di partecipare ma anche la responsabilità delle scelte. Un cittadino responsabile non nasce all'improvviso, è necessaria che l'amministrazione comunale si adoperi per promuovere l'educazione alle pratiche partecipative. C'è bisogno di consapevolezza e quindi bisogna partire con piccoli progetti di interesse generale, non necessariamente di rilevanza economica.

Cambiare la città vuol dire scrollarsi di dosso la nomea di città intollerante, inospitale e insensibile ai problemi legati alle povertà e alle differenze culturali. Una fama che peraltro non risponde alla sensibilità e alla cultura della stragrande maggioranza dei suoi abitanti. La diffidenza e la paura per il diverso e lo straniero è un sistema di difesa inadeguato, come inadeguati sono stati coloro i quali si sono fatti scudo dell'emergenza sicurezza per promuovere azioni di stampo razzista. Una politica che oltrettutto non è riuscita nel suo intento ma che al contrario ha pericolosamente innescato intolleranze e provocato paure spesso immotivate. Innalzare cancelli o presidiare la città con l'esercito non serve a nulla. Le strade e le piazze saranno tanto sicure quanto saranno frequentate. Senza andare a cercare formule astruse basterebbe chiedere il rispetto delle regole per tutti e pari dignità per tutti e rispetto delle culture.

 Cambiare la città promuovendo la cultura della pace attraverso iniziative che raccontino le storie, le tradizioni e le condizioni delle persone che spesso incontriamo anche nelle nostre strade.

 Cambiare la città culturalmente con il riconoscimento dei diritti civili nel rispetto della persona in quanto tale, con l'istituzione di un registro cittadino delle unioni civili che non faccia differenze tra coppie etero e omosessuali. Con il riconoscimento del diritto di cittadinanza anche per i bambini nati in Italia da genitori stranieri. Piccoli passi anche simbolici che però indirizzano verso un nuovo rinascimento. Verso un cambiamento vero, un'alternativa.



(continua...)